Asfodelo

Facendo un po’ di pulizia tra i miei file, ho ritrovato una vecchia poesia, edita nella collana Impronte. Rileggerla mi ha aiutata a mettere un po’ di ordine tra pensieri ed emozioni che mi accompagnano in questi giorni d’autunno inoltrato e che non riesco a verbalizzare. Oggi voglio condividerla con voi…

Ricorri,
eterno sospiro
d’inverno.

Sei il buio
e l’aurora
dei miei giorni,

l’oblio
e la speranza
nei miei sogni.

Rugiada
esitante
del mio sguardo.

Il respiro
e l’affanno
verso il traguardo.

Memoria errante,
lontano
dal mio tempo.

Sei dentro me,
inevitabilmente
ti sento.

Di respiri, costanza e altri luoghi


Questa mattina un altro lungo viaggio in treno. Posto finestrino. È incredibile quante cose si possono scorgere prestando un po’ di attenzione. Il cielo è colmo di un grigiore che rilassa, presagisce l’imminenza dell’Autunno. E alla luce opaca di questo cielo grigio, i colori appaiono più intensi. Il verde degli alberi, il castano della terra, persino quegli sprazzi color ghiaccio tra le nubi. Il cielo profuma di cardamomo, il treno profuma di speranze e di attesa. Non la stessa attesa di quei momenti in cui sei in fila alla posta e il tempo sembra non passare mai, no. Questa è un’attesa genuina, pregna di emozioni, che induce tante riflessioni. 

Visi stanchi, segnati da una lieve sfumatura color sonno, che non traspare dagli sguardi vispi che lasciano intuire l’attesa e l’impazienza di raggiungere qualcuno. Le riconosci subito le persone che sono in viaggio verso i loro affetti, hanno gli occhi aperti sulla vita, ricchi di un’attesa impertinente, attraversati da un lato all’altro da una sottile e instancabile serenità. Perché viaggiare verso qualcuno non è come viaggiare verso un luogo. E le riconosci quando ripartono, con gli occhi stanchi e una sfumatura di necessità sul viso, attanagliati dall’impazienza della noia per un viaggio che sembra durare una vita intera. Allontanarsi è sempre un’altra storia. E in quel momento anche la forma dell’attesa cambia: non più un pizzico di polvere di fata che ti fa volare veloce verso la meta, no, diventa un macigno sul cuore che impiegherà un po’ di tempo a sbriciolarsi.

E poi,  c’è chi viaggia verso una speranza. Un’attesa intinta nei timori, nei dubbi, nelle domande che creano mille sfumature di emozioni nello sguardo. Giornali sfogliati senza prestare attenzione. Smartphone travestiti da diversivo, usati per non percepire lo scorrere del tempo, creando un vuoto di pensiero per evitare le preoccupazioni. In fondo lo facciamo un po’ tutti. Un colloquio, una nuova prospettiva, un nuovo cielo, un respiro in più.

E intanto fuori l’aria profuma di cicli che riprendono, di Autunno che ritorna dopo il suo periodo di riposo. Il verde intenso degli alberi sembra quasi ricordarlo, sta arrivando il tempo dei colori. Forse sarebbe tutto molto diverso se accettassimo il ripetersi dei cicli stagionali. Con l’Autunno il respiro rallenta e la natura riposa, mentre il ritmo del lavoro riprende. Con l’Inverno, il buio ci sfiora e il respiro rallenta ancora un po’, abbastanza da donarci la possibilità di una lunga introspezione, mentre noi ci affanniamo accelerando ancora, lasciando che lo stress ci blocchi l’aria nei polmoni. Con la Primavera, la natura  si risveglia, porta una rinascita che ci sfiora solo da lontano, perché non siamo in grado di lasciare i nostri pesi nel buio invernale, alle nostre spalle, mentre siamo saturi per lo stress e respirare diventa avere fame d’aria. Con l’Estate, tutto si tinge d’oro e la vita esplode in un vortice di colori brillanti, ma noi, ormai, non riusciamo a sentirne il profumo, affamati d’aria e di vita. E mentre cerchiamo di riprendere fiato, l’Estate cede di nuovo il posto all’Autunno.

Forse è davvero tutto sbagliato. Ci siamo resi schiavi di un sistema innaturale, che non ha nulla a che fare con la nostra umanità. E mentre ci affanniamo a respirare controvento, i cicli passano e non ce ne accorgiamo.

I lunghi viaggi in treno mi piacciono per questo. Mi obbligano a fermarmi e a prestare attenzione. Colori, profumi, riflessioni. Respiro. Un respiro vale tanto, a volte tutto. Ti fermi, progetti. Respiri e tutto sembra di nuovo semplice per un momento.

Ma poi il treno si ferma e nel tempo di un respiro inconsistente, tu riparti più veloce di prima.

Di odio e amore

Odi et amo. Credo sia un concetto che tutti conosciamo. Personalmente, ho sempre amato questo carme di Catullo, di cui riporto di seguito la citazione integrale:

Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

[carme 85, Catullo]

Odio e amo. Forse chiederai come sia possibile;
non so, ma è proprio così e mi tormento.

[Traduzione di S. Quasimodo]

Odi et amo. Odio e amo. Una costante nella vita di ogni individuo. Ci pensavo un paio di giorni fa, mentre compilavo il modulo d’iscrizione della palestra. Io odio la palestra, preferisco di gran lunga la fatica intellettuale a quella fisica. Ogni volta che guardo la sala attrezzi mi sembra di osservare l’ingresso di una camera di tortura, mentre la osservo, il tapis roulant e tutti gli altri attrezzi sembrano deformarsi davanti ai miei occhi prendendo la forma di dolorosi strumenti di tortura. Sì, credo che questa immagine possa esprimere alla perfezione il mio rapporto con questo tipo di attività fisica. Eppure sto imparando ad amarla.

Quare id faciam, fortasse requiris. Forse chiederai come sia possibile. Me lo sono chiesto anche io e ho cominciato a rifletterci più in profondità. In realtà, amo la sensazione che provo al termine di questa (per me) traumatica esperienza. Amo il senso di soddisfazione che provo dopo aver terminato le mie due ore di attività fisica, quando mi pesa addosso la stanchezza del tempo appena trascorso passando da uno strumento di tortura all’altro, eppure sento di aver fatto qualcosa di buono per me stessa, di aver messo un mattoncino per la costruzione di qualcosa. Amo la percezione del mio impegno. In palestra non alleno solo il mio fisico, alleno la mia forza di volontà, tempro me stessa per il raggiungimento dei miei obbiettivi.

Lo so, forse è una metafora un po’ azzardata, eppure credo sia perfettamente attinente. Sforzare il mio fisico a fare meglio mi ricorda che devo sempre cercare di migliorarmi. Mi ricorda che ci vuole forza, tanto impegno e determinazione per raggiungere i propri obbiettivi e che ogni fatica sarà ripagata se si ha il coraggio di non mollare. Mi aiuta a prendere consapevolezza dei miei limiti e delle mie capacità, mi aiuta a ricordare che dovrò fare tanta fatica, che qualche volta i miei sogni potranno sgualcirsi, magari strapparsi, magari potrò cadere, o arrabbiarmi perché non riesco in qualcosa, ma alla fine se ci avrò messo forza e impegno nessuno potrà impedirmi di raggiungere i miei obbiettivi.

Alla fine, nonostante la fatica, la stanchezza, il sentirsi a pezzi, potrò finalmente provare quella sensazione di profonda realizzazione e di profonda stima per la persona che sono diventata. So che ci riuscirò, perché ho fiducia. Ho fiducia soprattutto nella mia forza di volontà, che non mi ha mai tradita quando ho deciso di raggiungere un obbiettivo. Ho fiducia nella mia capacità di impegnarmi e tenere gli occhi fissi sulla meta. Ho fiducia nella mia capacità di rialzarmi ogni volta che cadrò. So che potrò farmi male, so che alcune cadute saranno peggiori di altre. Ma so che mi rialzerò. Sono già caduta, ho guardato il baratro oscuro negli occhi, l’ho attraversato nonostante la paura e, alla fine, mi sono rialzata godendo della luce della luna.

Nescio, sed fieri sentio et excrucior. Non so, ma è proprio così e mi tormento. Non so come farò, è vero. Ma penso che, un gradino alla volta, costruendo con pazienza e senza arrendermi, ci riuscirò. E questo progetto è il mio tormento, è vero. Mi tormento perché a volte vorrei poter fare di più. Perché a volte la mia fiducia vacilla e qualche dubbio viene a infrangere la campana di cristallo sotto cui ho messo i miei sogni in bella vista, per non dimenticarli mai. Ma ho imparato ad accettare i miei dubbi, ad analizzarli, risolverli e integrarli. Sto imparando a gioire dei piccoli obbiettivi raggiunti e a vederli come piccoli pezzi del mosaico che sto costruendo. E ogni volta che raggiungo un piccolo obbiettivo, per quanto microscopico, vedo un piccolo tassello che si aggiunge al quadro generale e mette le basi per un nuovo meraviglioso disegno.

In fondo ogni cosa funziona in questo modo nella vita, anche le relazioni. Sono un’alternarsi in crescendo di odi et amo. Per questo ho sempre ritenuto importante fissare dei punti fermi: un sogno, un progetto, un’emozione, che mi facciano da check point ogni volta che mi perdo.  Per ricordarmi quanto amo il mio sogno, il mio progetto. Tanto da affrontare ogni difficoltà nonostante la paura. Perché l’amore è alla base di ogni cosa. L’amore per i nostri progetti, per le persone che abbiamo accanto e che credono in noi, ma soprattutto l’amore per se stessi.

Perciò, continuerò a odiare le cose che mi sembra mi tolgano tempo, quelle che mi creano difficoltà, quelle che mi annoiano, ma continuerò a farle perché so che ogni sforzo fatto ora è un passo verso la realizzazione dei miei sogni in un futuro sempre più vicino. E poi, l’ozio è il peggior nemico di ogni sogno.

Otium, Catulle, tibi molestum est. 
[…] Otium et reges prius et beatas 
perdidit urbes.

[parte del carme 51, Catullo]

L’ozio, Catullo, ti danneggia.
[…] L’ozio, anticamente, ha mandato in rovina
re e città.

Macchie d’inchiostro e memorie ritrovate

Oggi ho riletto alcuni vecchi racconti scritti qualche anno fa. Ogni tanto mi piace rileggerli, mi aiuta a capire se sono migliorata o rimasta indietro, mi aiuta a rivivere vecchie emozioni e pensieri dimenticati.

Spulciando tra vecchie cartelle e file dispersi, ho ritrovato con mia grande gioia il primo racconto che mi sono cimentata  scrivere, quello in cui per primo avevo riposto tante speranze. Direi che lo si potrebbe definire il primo mattoncino che ho deposto con tanto amore per cominciare a costruire la strada verso la realizzazione di uno dei miei più grandi sogni.

Ho deciso di condividerlo con voi. Non è molto lungo, ma ha saputo regalarmi qualche piccola soddisfazione e, alla fine, è stato pubblicato da una piccola casa editrice in un’antologia. Rileggendolo mi sono tornate in mente tante cose, per cui… eccolo qui!

 

È un istante. Un respiro troppo corto. Come tornare indietro, scorrendo con le dita la linea del tempo. Come tornare indietro a quando avevo cinque anni e i miei sogni mi svolazzavano allegramente attorno come mille e più farfalle colorate. Meravigliose e inafferrabili. Ma a cinque anni non conosci il significato della parola “impossibile”. A cinque anni sei convinto che il semplice pensare di afferrare una farfalla con le mani basti a renderlo possibile. A cinque anni pensi di poter imparare a volare, proprio come una farfalla.

-Da grande voglio fare la farfalla!- dissi a mio padre quando avevo cinque anni, mentre, con aria rapita, ne osservavo una che volava via.

-Le farfalle vivono tre giorni, proprio come i sogni.- fu la sua risposta, a metà tra il cinismo e la stanchezza dopo un’intera giornata passata a lavorare in fabbrica. Non era sempre stato cinico. Un tempo, diceva la mamma, mio padre era stato un uomo creativo, brillante. Ma ripetere incessantemente, per anni, gli stessi schemi in fabbrica può indurre anche il più geniale degli uomini a convincersi che la vita non sia altro che un ripetersi monotono e insensato di eventi. E che i sogni vivano tre giorni. Proprio come le farfalle.

Ma io avevo solo cinque anni. Per fortuna. E non mi era ancora troppo chiara la differenza tra l’inizio e la fine di qualcosa. Tra la vita e la morte. Tra un’ora e un giorno intero.

-Tre giorni! In tre giorni possono giocare a un sacco di giochi!- ricordo che lo fissai con aria sognante, come se mi avesse appena rivelato il più grande dei segreti. Mi guardò con una dolcezza quasi malinconica, un misto di rammarico e d’invidia: un giorno avrei compreso, ma in quel momento avevo il privilegio di ignorare quanto labile e crudele possa essere il tempo. –Vieni qui, mollichina!- aggiunse soltanto, tirandomi a sé con un ampio sorriso e cominciando a farmi il solletico sul pancino.

Tre giorni mi erano sembrati un tempo interminabile. Tre giorni. Settantadue ore. Quattromilatrecentoventi minuti. Duecentocinquantanovemiladuecento secondi. Ma per quante più lettere possano servire scomponendoli in ore, minuti, secondi, tre giorni restano sempre tre giorni.

E ora sono qui. A fissare le ali bianche come il latte della farfalla che si è appena posata sui miei fiori. Questo potrebbe essere il suo ultimo giorno di vita. O gliene potrebbero restare ancora tre. Le sue ali sono così bianche, lucide e sottili che sembrano ricamate nella seta. Già, nella seta. Seta lucida, bianca, delicata. Proprio come quella con cui è stato creato l’abito che indosso. È l’abito che ho sempre voluto: bustino ricamato, spalline di pizzo, un po’ avvitato, con un lungo strascico. È l’abito che ho desiderato per tutta la mia vita. È proprio lui. Ma allora perché non sono felice? Ho provato a sollevarlo in modo diverso. Ho fatto quasi cento giravolte e il mondo mi gira ancora intorno. Ma anche con il mondo sottosopra, l’abito è perfetto e io non sono felice.

Tre giorni ora mi sembrano pochi. Tre giorni ora mi sembrano asfissianti. Come se espirassi troppo velocemente e i miei polmoni non avessero il tempo materiale per tirare dentro l’aria prima di gettarla ancora via.  Tre giorni al momento più importante della mia vita, direbbe la mamma. Tre giorni e la sua assenza sarà ancora più insopportabile. Dicono che se lasci passare il tempo alla fine ogni ferita torna a chiudersi. Non è vero. La ferita resta lì e puoi anche ricucirla, ma le cicatrici non svaniscono nel nulla. L’assenza non si dissolve con il tempo. Con il tempo, l’assenza diventa più concreta: impari ad ascoltarla, a integrarla, a renderla parte di ogni tuo giorno. Oggi guardo gli occhi di mio padre, il suo sorriso perso mentre osserva la sua bambina che fa le giravolte con l’abito bianco, e so che anche lui avverte tutta questa assenza che ci vortica attorno. Lo osservo e il vuoto diventa più grande. Il mio e il suo, che si fondono insieme.

Mi chiamo Alice. Tra tre giorni mi sposo. E mi manca la mia mamma.

Ice Cream – Book Tag!

Buongiorno a tutti! ❤

Oggi vi propongo un piccolo giochino letterario. Ringrazio il blog Come non sentirsi soli per il tag 🙂

Il gioco è stato ideato dal blog Lettere d’Inchiostro.

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Per partecipare basta seguire queste semplici regole:

– Usare l’immagine qui sopra per indicare la partecipazione;
– Menzionare chi ha creato il Book Tag e chi vi ha taggati;
– Nominare qualche altro blog.

Cominciamo? 🙂

 

  • MELONE: Un libro che hai già deciso di leggere durante l’estate.

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Il Libro Rosso, Liber Novus, di C.G. Jung.

Questo libro è una raccolta di tutti i sogni e le visioni che condussero Jung attraverso l’esplorazione del mondo interiore, contiene tutte le sue riflessioni e le rivelazioni simboliche, è considerato il suo libro segreto. Aspetto di poterlo leggere dall’inizio di quest anno, poiché è un libro a cui bisogna dedicare il giusto tempo e tanta pazienza.

  • MENTA: Una serie che ti è entrata nel cuore.

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La Guerra dei Cugini, la serie di Philippa Gregory, che narra gli eventi della Guerra delle Due Rose. La serie è composta da sei romanzi:

1. La signora dei fiumi

2. La regina della Rosa Bianca

3. La regina della Rosa Rossa

4. La futura regina

5. Una principessa per due re

6. The King’s Curse

  • LIMONE: Una serie difficile da digerire.

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La trilogia di Hunger Games, di Suzanne Collins.

Mi dispiace molto dover esprimere questo giudizio, soprattutto perché il primo libro della serie prometteva molto bene. Non apprezzo molto lo stile dell’autrice, ma devo ammettere che l’idea di base di questa trilogia è geniale. Purtroppo, trovo che la trilogia non sia ben costruita. Ho letto il primo romanzo della serie, Hunger Games, in mezza giornata, l’ho trovato appassionante e la storia seguiva un suo sviluppo e una sua coerenza. Il secondo romanzo della serie, La ragazza di fuoco,  mi ha delusa un po’, l’ho trovato abbastanza scontato e quasi un ripetersi degli eventi del libro precedente. Ma il motivo per cui il mio giudizio generale è tanto negativo è da ricercarsi senz’altro nel terzo volume di questa serie, Il canto della rivolta: l’ho trovato noioso da morire, gli eventi sono costruiti male e scontati, è ricco di incoerenze e situazioni lasciate in sospeso o risolte con molta superficialità in poche righe, con spiegazioni che lasciano il tempo che trovano. Leggendolo ho avuto spesso la sensazione che fosse stato scritto per obbligo più che per passione, la storia si trascina come se il romanzo fosse stato scritto svogliatamente, con estrema superficialità. Ho portato a termine la lettura solo perché non amo lasciare i libri a metà, ma è stata quasi una tortura. Peccato, perché la serie prometteva bene e l’idea era davvero ottima.

  • TIRAMISU‘: Un libro che ti ha tirato su il morale.

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Chocolat, di Joanne Harris.

La Harris è in assoluto una delle mie autrici preferite e, sebbene io abbia scelto Chocolat, tutti i suoi libri hanno sempre il potere di tirarmi su il morale. Spettacolare! ❤

  • FIORDILATTE: Un classico.

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Piccole donne, di Louisa May Alcott.

Ho letto questo libro durante la mia infanzia, mi ha insegnato molto e lo ricordo sempre con affetto. Lo consiglio vivamente a chiunque non conosca ancora questa autrice.

  • FRAGOLA: Un libro con una tenera storia d’amore.

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Il linguaggio segreto dei fiori, di Vanessa Diffenbaugh.

Un romanzo scorrevole e molto molto dolce, ideale per rilassarsi nel tempo libero. La storia è ben costruita e molto coinvolgente. La storia d’amore narrata dall’autrice è di una tenerezza unica.

  • CIOCCOLATO: Un libro di cui aspetti il seguito.

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La Danza dei Draghi, di George R. R. Martin.

Ebbene sì! Sono una dei tanti fan in attesa del prossimo capitolo delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco. Recensirò questa serie molto presto, intanto dico solo: WOW! Se non avete ancora cominciato, affrettatevi!

  • CAFFE‘: Un libro che ti ha fatto stare sveglio alla notte.

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Il ragazzo con gli occhi blu, di Joanne Harris.

Questo libro mi ha letteralmente tenuta sveglia per tutta la notte! Non riuscivo a smettere di leggerle. Il romanzo è scritto con lo stile di un blog, in cui ogni capitolo corrisponde a un nuovo post. L’autrice scrive dal punto di vista di un protagonista disturbato e con fantasie omicide. Questo libro è scritto talmente bene che ho dovuto spesso chiedermi: com’è possibile riuscire a scrivere così bene dal punto di vista di un assassino?

Così si conclude questo piccolo book tag!

Nomino:

mi annoio un po’

Pensieri sparsi di una psicopatica

Il trono di libri

Prospettive Invertite

La signora dei fiumi #Recensione

LA SIGNORA DEI FIUMIdi Philippa Gregory

9788868362034.500

Emozionante, brillante, talvolta sconcertante e capace di lasciare il lettore con il fiato sospeso un capitolo dopo l’altro!

La signora dei fiumi è il primo di una serie di romanzi ambientati durante il periodo della Guerra delle Due Rose, in un Inghilterra devastata dalla lotta per il potere e per il trono che riesce a mettere uno contro l’altro fratelli e cugini. Premetto che, personalmente, amo la storia inglese e in particolare sono sempre stata affascinata dal periodo storico che ha visto l’ascesa della dinastia Tudor. Con questa serie di romanzi, l’autrice, Philippa Gregory, è riuscita a conquistarmi totalmente e a risalire la classifica dei miei autori preferiti!

Ho adorato il modo in cui la Gregory è riuscita a narrare gli eventi di un periodo storico tanto complesso adottando una prospettiva tutta al femminile, intrecciando le atrocità di una guerra tra cugini con gli importanti eventi legati al periodo dell’Inquisizione e alla caccia alle streghe.

In questo volume, la storia ha inizio in Francia, nel 1430, con la cattura di Giovanna D’Arco. Ho molto apprezzato i riferimenti a questo importante personaggio femminile e la rivisitazione in chiave romanzata della sua storia: introduce subito il lettore nel contesto dell’Inquisizione e aiuta a comprendere meglio il modo di pensare diffuso in quel periodo. La storia, narrata dalla protagonista Jacquetta di Lussemburgo, prosegue raccontando attraverso gli occhi di una protagonista appena adolescente tutte le vicende e gli eventi che hanno portato all’inizio della Guerra delle Due Rose, passando attraverso il conflitto tra Francia e Inghilterra per il dominio dei territori francesi, l’ascesa del re Enrico VI di Lancaster e il forte carattere della sua consorte Margherita D’Angiò, attraverso la nascita della dinastia Tudor.

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Attraverso le parole e lo sguardo attento di Jacquetta, il lettore impara a conoscere e comprendere le dinamiche della corte inglese di quel tempo, le manovre politiche, i valori e il senso del dovere, il desiderio di potere e l’egoismo che portarono all’inizio di una delle guerre più sanguinose della storia inglese. Gli eventi storici narrati si intrecciano con la vita della protagonista, erede della grande dinastia del Lussemburgo, che vantava di far discendere la nascita della propria stirpe da una Dea dell’acqua, un mito tutt’ora raccontato in Belgio e in Lussemburgo. Jacquetta è una strega e possiamo rivivere attraverso i suoi racconti le emozioni, i timori e i pericoli cui ogni donna con un minimo di cultura in più doveva far fronte a quel tempo. Perché, come ripete spesso la protagonista:

[…] alcune donne non sono capaci di marciare al rullo del tamburo di un uomo.

Nei racconti della protagonista c’è un’immagine, una metafora che ricorre spesso e che non riesco più a levarmi dalla testa: è l’immagine della Rue de Fortune, la Ruota della Fortuna che gira e gira senza mai fermarsi e può portarti molto in alto, o farti cadere molto in basso senza mai fermarsi. Tutto ciò che possiamo fare è seguirne l’eterno girare, cercando di cogliere le buone opportunità quando vengono a bussare alla nostra porta e preparandoci ad affrontare le difficoltà e ad accettarle con coraggio quando la ruota decide di farci cadere ancora, costruendo la nostra scala per ritornare in alto.

Questo libro mi è entrato dentro e mi ha lasciato molte lezioni importanti, lezioni di vita che vanno aldilà del contesto storico e delle vicissitudini dei personaggi. Ho apprezzato molto la scelta dell’autrice di rendere protagonista di questo romanzo un personaggio femminile secondario, di cui si conosce poco. Trovo che l’idea di raccontare la storia con una serie di romanzi attraverso punti di vista diversi ma sempre femminili sia davvero geniale, dal momento che parliamo di un periodo storico in cui gli uomini avevano tutto il potere nelle proprie mani e le donne dovevano cercare di costruire il proprio futuro cercando di muoversi meglio che potevano in un mondo totalmente maschile e talvolta ostile.

Assolutamente consigliato! 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂

 

-Scheda Tecnica-

  • Copertina: flessibile
  • Editore: Sperling & Kupfer (12 maggio 2014)
  • Collana: Pickwick
  • Lingua: Italiano
  • ISBN-10: 8868362031
  • ISBN-13: 978-8868362034
  • Prezzo: 9,00 €
  • Link affiliato: Acquista Ora

Nuovi inizi, nuovi progetti

Benvenuti nel mio piccolo frammento di mondo virtuale!

Già da un po’ riflettevo sulla possibilità di creare un blog che mi aprisse le porte del Web e mi permettesse di far conoscere la mia opinione su… qualunque cosa! Oggi, finalmente, mi sono decisa. In fondo, viviamo ormai in una società che basa circa il 90% delle relazioni sociali e della libertà di espressione sull’utilizzo del Web.

Internet è sicuramente pieno di pericoli, ma credo sia anche come un enorme calderone in cui ribolle un mare di opportunità per chi sa servirsene nel modo giusto. Io spero di riuscirci.

Il titolo, Storie di libri dimenticati, nasce dalla combinazione del mio amore per i libri e della mia passione per le cose dimenticate. Nel mondo in cui viviamo si tende a dimenticare fin troppo spesso e con fin troppa semplicità i piccoli dettagli che possono risultare importanti, sentimenti, sfumature, momenti, ricordi, progetti, sogni e, nei casi peggiori, perfino la nostra umanità, la nostra capacità di rapportarci con gli altri, di amare, di aiutarci.

La società in cui stanno crescendo le nuove generazioni insegna il disprezzo, la superficialità, l’odio. Insegna ad arrabbiarsi per il successo altrui anziché armarsi di pazienza e cercare di costruire il proprio. Questo blog nasce con l’intento di divenire un piccolo spazio sicuro per i sognatori che ancora resistono alle pressioni della società. Un posto in cui imparare che le emozioni negative possono essere incanalate nella nascita di nuovi progetti, che ci aiutino a mettere in circolo “energia” costruttiva e ci insegnino a ritrovare noi stessi rendendo concrete le nostre idee, imparando a non deprimerci per i fallimenti, a essere sempre pronti a riprovare e fare meglio. Perché costruire le nostre idee è molto più utile che distruggere quelle degli altri.

Il motto di questo blog, “tutti hanno le Ali, devi solo ricordare come usarle per volare in alto”, è frutto della mia esperienza personale. Credo che ognuno porti dentro di sé idee più o meno innovative e la predisposizione e la capacità necessarie per poter mettere in atto i propri progetti e costruire i propri sogni. Gli eventi della vita, spesso, ci portano a dimenticare che tutto questo è possibile. Io stessa avevo perso le mie ali e ho impiegato qualche anno a ricordare dov’erano cadute quando alcuni eventi della vita me le avevano strappate via. Ho lavorato su me stessa, ho imparato ad accettare le cose che non posso controllare e a fare del mio meglio per costruire intorno a me il mondo così come lo vorrei. Certo, non sempre è possibile, ma io so che mi impegno ogni giorno per costruire nuovi mattoncini del mio mondo e un giorno dopo l’altro, un mattoncino dopo l’altro, costruisco la mia vita cercando di avvicinarla il più possibile ai miei sogni. Perché la realizzazione dei propri sogni non cade giù dal cielo esprimendo un desiderio. Bisogna impegnarsi a fondo, impiegare tutte le proprie forze, costruire giorno dopo giorno la scala che ci aiuterà a raggiungerli. Un passo alla volta, partendo dal basso, partendo a volte anche da cose che ci sembrano lontane anni luce da ciò che vogliamo, ma tenendo sempre presente l’obbiettivo, tenendo gli occhi fissi sulla meta, con lungimiranza e con lo sguardo intento a cogliere sempre il quadro generale. E, soprattutto, con la consapevolezza delle proprie capacità e dei propri limiti, dei propri talenti e dei propri fallimenti. Ecco cosa significa ricordare dove sono le proprie ali e come usarle per volare in alto.

Questo blog non è per i sognatori con la testa tra le nuvole che si trastullano con le loro fantasie, aspettando che la realizzazione dei loro desideri piova giù dal cielo. Questo blog è per i sognatori veri, sognatori seri, quelli disposti a lavorare sodo e impegnarsi per costruire i propri sogni giorno dopo giorno, con pazienza, passione e amore.

Concludo con alcune citazioni a cui ripenso ogni volta che attraverso un momento un po’ più duro sul mio cammino.

Gli ostacoli sono quelle cose spaventose che vedi quando togli gli occhi dalla meta. -H. Ford

Prova. Fallisci. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio. -S. Beckett

Presto o tardi, coloro che vincono sono coloro che credono di poterlo fare. -R. Bach

Se esiste un modo per farlo meglio, trovalo. -T. Edison